Blog

La febbricola che fa sussultare lo scheletro

  • È singolare come restare a casa per aver preso l’influenza possa far venire voglia di scrivere e raccontare.

Il ritmo cambia e pure come un martello pneumatico la testa rimanda colpi sonorizzati dalle orecchie al cervello ma ci sono cose che prendono una forma interessante, quasi aggraziata.

Quando le ore del giorno e quelle della sera le guardi perché sono equamente distribuite senza lasciare il minimo spazio tra il lavoro e lo studio, e riprendono poi sempre uguali scavalcando il breve spartitraffico notturno del sonno, accade qualcosa di strano e misterioso.

Ci si comprime come bombolette sotto la pressione di un gas con la struttura elettronica chiusa, un gas nobile, inerte.
Ma di chimico c’è ben poco da raccontare se, in questo sostare, sentire, stare sospesi e sognanti, tornano alla mente le figure retoriche appena studiate nella cantica dantesca, un allitterare spontaneo fiorisce e ‘spande’ profumo.


Il tavolino c’è, lo vedo insieme a Parmenide. Lo sovrasta una torre di libri penne e quaderni mentre dall’alto della torre mi giunge, assalita da un rumore di ferraglia, la voce di Arcite e Palamone che si innamorano della stessa donna, Emilia… They were taken prisoner and locked in a dark tower. Both fell in love with Emily, Hippolyta’s sister, and they fought…
Chi avrebbe mai immaginato di conoscere i racconti di Canterbury di Chaucer Geoffrey e soprattutto di fare così tanta fatica per imparare a leggerli e provare a comprenderli in lingua originale.

Eppure la febbricola che fa sussultare lo scheletro allertando il sistema immunitario di un corpo comune a tanti altri, suggerisce sempre qualcosa, fa riaffiorare sul filo della mente questa e altre stepitose avventure che vivono rinchiuse nel libri come i tesori preziosi di un forziere in bella vista. Biblioteche, librerie, storie di treni che viaggiano con i libri e libri nei parchi e sulle panchine, dentro colorate cassette riverniciate.

Serve però l’atto di prenderli in mano e aprirli e un attimo dopo dimenticare il posto dove stai per viaggiare davvero come i tanti famosi personaggi delle fiabe più belle.


Cosa c’è di più bello di studiare, imparare, conoscere?
Socrate non si accontentava di dare una definizione a una cosa, piuttosto invitava a cercarne il valore, l’essenza. La bellezza cos’è? Come ci insegna Socrate il dialogo non rivela il sapere, piuttosto ci mostra l’inconsistenza dello stesso sapere. Allora dobbiamo cercare in noi stessi attraverso un’esperienza che è viaggio incessante e che potrebbe chiamarsi verità interiore, siamo vicini al divino, un valore universale.

Quanto scrivo nasce da una piccola febbre, naso costipato, mal di testa. Nasce dalla necessità di stare qui ferma a casa e aspettare di guarire mentre tutto continua, non cessa. Anzi rotola, corre, prosegue con orari, tappe, mappe, compiti, appuntamenti. Io mi stanco, sono lenta e cammino con l’affanno per stare dietro a questo mondo che premia le sincronie. Tutto subito e in tempo e io sono sempre in ritardo. Puntuale ma abbracciata da un intimo e affettuoso ritardo.

Buon Compleanno!

Bambine sulle tracce di inesorabili passioni al Balôn di Torino

È passato soltanto un anno e “Bambine sulle tracce di inesorabili passioni” è qui trepidante, emozionato per festeggiare il suo compleanno nel giorno di Sant’Eulalia.

Sant’ Eulalia di Barcellona (290-303) è stata martirizzata ai tempi di Diocleziano. Rifiutava di rinnegare la sua fede cristiana e fu per questo sottoposta a torture.

La Cattedrale di Sant’Eulalia, patrona di Barcellona, si trova nel quartiere gotico della città. Fu costruita in stile gotico tra il XIII e il XV secolo. La facciata con al centro il portale è fiancheggiata da due torri. In una delle torri ci sono dieci campane dai nomi femminili.

A sorvegliare la Cattedrale e il corpo della Santa ci pensano 13 oche, dette oche di Sant’Eulalia.

Le oche sono animali magici, compassionevoli e straordinari guardiani. È stato un anno straordinario e magico anche per il libro dell’autrice Daniela Grassi con i suoi 8 racconti gorgheggianti. 

Storie capaci di imitare il silenzio e accucciarsi accanto ai pensieri. Storie che hanno danzato delicatamente suscitando meraviglia e ricordo. 

È un libretto ancora tutto da scoprire e carezzare facendo scivolare gli occhi e il cuore sulle pagine fruscianti. Ricche di incanto, basta guardare la copertina e il segnalibro con i disegni realizzati con sensibile abilità da Erika Suozzo.

È come entrare in un mondo fantastico ma anche vero, reale. Che ci svela tutto il bello che c’è e che ancora ci aspetta.

Buon compleanno Bambine!

Da libro nasce libro e da stagione, stagione

(di Daniela Grassi) In quest’epoca non facile in cui si dice che i libri abbiano perso il loro fascino, il loro appeal, e dove spesso l’imperversare dei social inquieta svelando sacche di volgarità e ferocia, ferite ancestrali che buttano sangue cattivo attraverso le quinte della lontananza, proprio grazie ai libri accadono ancora piccoli e incredibili miracoli di grazia, fioriscono fiori inattesi che nel marasma e nel caos, stupiscono e riempiono di sorriso. 
È qui accanto a me, una di queste creature e mi osserva: è un leporello, una concertina, un libretto a fisarmonica che attende di essere ancora una volta riaperto per poter mostrare le sue pagine piene d’incanto, uno di quei libretti che tutti vorremmo poter sfogliare prima o poi.
Lo ha realizzato Geni, Genoveffa Capuzzi, con pagine una differente dall’altra, coloratissime, teatrini meravigliosi che si aprono facendoci tornare bambini, con la voglia di fiabe e di sogni e con il desiderio di entrare in quelle pagine, a cercare qualcosa di noi stessi, qualcosa di dimenticato che come un seme ha atteso per tornare a mostrarsi, per far sapere che è vivo, non lo abbiamo mai perso e ci darà grandissima gioia nell’incontrarlo ora, nuovamente.
E quello che ancora di più mi dà gioia è vedere come i libri e i cuori che sono nei libri si parlino, poiché questo leporello, Geni lo ha creato partendo dai miei racconti del libro, anch’esso piccolo, Bambine sulle tracce di inesorabili passioni, il libro pubblicato da Leggere Controvento che sempre ho chiamato “nostro”, perché nato, nella sua fisicità, dall’incontro di alcune energie che aspettavano di ritrovarsi al momento giusto, intorno al tavolo della creatività e della fiducia in essa, facendone il tappeto volante della relazione umana.
Guardo il libretto a fisarmonica, il teatrino incantato di Geni e penso che mi è arrivato nella buca delle lettere il 21 giugno, nel giorno del solstizio d’Estate. Lo guardo e non finisco di stupirmene gioiosamente, pensando a quei momenti in cui è stato concepito e poi realizzato, momenti preziosi dedicati per creare un dono, per dare verità a un sogno.
Così oggi, 21 settembre,  sotto il sorriso della Luna piena, alla fine di questa stagione e attendendo l’equinozio che domani ci porterà l’Autunno, voglio condividere con voi questo dono: da libro a libro, da stagione a stagione, per molto incanto, per molto conforto e sorriso, per sapere che fili sottili ci uniscono e sono fili di sogno e di realtà. Parlano della parte migliore di noi, quella che ogni giorno costruisce sentieri e luoghi di luce nel cuore in cui battiamo tutti, l’uno per altro, umani, creature, mari e boschi, vulcani e ghiacciai e infine universi in cui perdersi per ritrovarsi. Buon Autunno e grazie, davvero dal profondo del cuore, a tutt i/e voi.
Daniela Grassi

Abbeverarsi a quale fonte?

da PICCOLO ESORCISMO
(visionario)
DI UNA PANDEMIA

Sedia senza sedente

Il libro è una scatola.
La curiosità si spezza in due come il pane. Da una parte c’è la voglia di guardarci dentro, sfogliare le pagine, sentirne lo spessore, la ruvidezza e l’odore della carta. Dall’altra cercare tra le parole scritte un significato che arrivi come una lenza a pescare emozioni dentro il lettore, in profondità. Quando poi alle parole allineate si aggiungono le immagini dipinte e scelte con la punta di un pennello sensibile guidato da una mano abile e delicata, allora la scatola non è più un libro qualunque. È una scatola magica.

(dalle istruzioni per l’uso dell’autore Stefano Faravelli) ‘‘Il libretto che avete nelle mani, come un fungo è nato in tempi brevissimi: a parte le tavole prima e tredicesima – una sedia senza sedente e un sedente senza sedia – che hanno preceduto l’avvento della pandemia, le altre, e i testi che le accompagnano, si sono tumultuosamente generate tra l’8 marzo e il 10 aprile. Ossia il giorno in cui l’intero paese è entrato in lockdown (l’anglicismo è insopportabile), e il giorno del mio compleanno. La genesi di un’immagine ha sempre avuto per me il carattere di una fermentazione

Ecco, è proprio da questa ultima affermazione di Stefano Faravelli rubata alle sue istruzioni per l’uso che scegliamo di guardare dentro questa scatola magica o forse un libretto ma sicuramente qualcosa che ha il carattere di una fermentazione, come le immagini racchiuse nelle 20 tavole dipinte con la tecnica dell’acquerello (e un po’ di fuoco), aggiunto alle parole ignifughe o infiammabili, a seconda dell’istante dedicato alla lettura.

I moti silenziosi e intimi di una pandemia che l’autore ha vissuto seduto alla scrivania della sua abitazione frugando nella memoria delle sue letture preferite. Karl Kraus dice che scrivere senza fine è l’ultimo esorcismo concessogli dal tempo per sperare…

Stefano Faravelli scrive e dipinge sulla carta, un quadernetto di brutta datato 1890 e appartenuto a un ginnasiale. Continua a scrivere e a dipingere.

Un funambolo innamorato che non smette di attraversare le parole che gli giungono dal televisore sempre acceso. In equilibrio le ridisegna, le svuota, ne accende il senso etimologico e la paura lo coglie impreparato, ma è coraggioso e l’affronta. Un artista, uno scrittore che dipinge anche lo spazio vuoto tra le parole.

Qui la musica per il lettore non è mera percezione, se ne coglie il ritmo, l’armonia di note antiche trasferite nei colori sciolti nell’acqua e che si allargano sulla carta.

Stefano Faravelli, Piccolo esorcismo visionario di una pandemia, introduzione di Giuseppe Cederna,
La nave di Teseo, 2020

Ma ciò che rende trascinante la lettura di “Piccolo esorcismo di una pandemia” è la grande occasione per attingere, proprio come fa il secchio nel pozzo, alle pagine di libri scritti da drammaturghi, letterati, filosofi, pensatori, commediografi, poeti e tanto altro. Poiché come accade per le scatole magiche e per i libri più belli o per entrambe le cose, ogni lettore mescola la sua curiosità e conoscenza che trasforma e sublima il senso di un lavoro che ha una peculiarità precisa. È il carattere della genesi di un’immagine: fermentazione.

Saper cogliere con occhio attento i preziosi segni rivelatori di un’opera cesellata, qual è questa che vi presentiamo, può dar vita a un merletto di luci e ombre. Noi ci abbiamo trovato una danza obliqua come il dondolio di un ragno appeso al suo filo invisibile. Leggetelo per riconoscere il vostro personale sentire. E a quel punto avremo scoperto insieme a quale fonte abbeverarci.

Il foliage dei Giardini Reali di Torino e la mostra fotografica “Capa in Color”

Foliage è una parola inglese ingentilita da una musicalità francese, anche qui il fogliame che arrossisce e denuda gli alberi si chiama foliage.
Ernest Hemingway, i figli Gregory, Patrick e Martha Gellhorn.
Sun Valley, Idaho, ottobre 1943

Passeggiare la domenica per le strade del centro di Torino è un esercizio che non rischia di trasformarsi in abitudine. In autunno poi, s’incontrano alberi monumentali le cui chiome tinte di rosso, arancio e giallo carico, scintillano per rilasciare danzando silenziosi, i corpi sinuosi e ondeggianti di belle foglie antiche. Foliage è una parola inglese ingentilita da una musicalità francese, anche qui il fogliame che arrossisce e denuda gli alberi si chiama foliage. I viali autunnali e alberati di Torino, letteraria e regale città sabauda, offrono uno spettacolo che è un invito a camminare con la testa tra le fronde e lo sguardo alto tra i rami. Qui è possibile assistere a un concerto che riempie gli occhi e il cuore di poetica meraviglia. I rami scuri e ben visibili permettono di osservare a bocca aperta le corse rapide degli scoiattoli frettolosi che risalgono saltellando acrobaticamente da un ramo all’altro e da un albero all’altro.

E capita anche di ridiscendere con gli occhi per non inciampare e riconoscere i propri piedi nelle scarpe comode che accompagnano il crepitio delle foglie secche sul terreno umido. Quando il cielo è grigio, non plumbeo ma nuvoloso, avvertire il caldo abbraccio dei forti rami larghi e discendenti, regala la superba e lieve sensazione di essere in compagnia dei nostri amici migliori.

Gli incontri sono tessiture speciali anche se contenuti in un istante e poi non ci si vede più.

È l’ora del caffè quando nella caffetteria di Palazzo Reale, Anna poggia delicatamente sul cucchiaino d’argento un pasticcino alle mandorle. Il profumo dolce si fonde con il sapore amaro, insieme si attorcigliano, tra la lingua e il palato. S’incrociano altre parole dette a caso, alcune gentili, scelte e sempre uguali, poi svaniscono. Gli incontri sono tessiture speciali anche se contenuti in un istante e poi non ci si vede più. Un giorno forse potrebbe tornare a farsi vivido il ricordo, il richiamo, l’emozione intensa di quel breve tempo vissuto, magari svelato dalle pagine di un libro. Come nel ciclo magico del foliage, si allungano i giorni e le ombre, poi si restringono e scende presto la sera.

In cinque passi l’odore del caffè si espande e si allarga nel bosco ricco di lamine d’oro e sprazzi di fronde verdeggianti dei Giardini Reali. I viali sono ricchi di foglie secche e crepitano sotto ogni distinto e incerto movimento del piede. Incerto perché bisogna trovarsi in luoghi come questi per camminare esitanti, in modo irresoluto e abbandonare la mente allo stallo benefico.

Intanto le sale del piano terreno di palazzo Chiablese dal 26 settembre 2020 al 31 gennaio 2021 ospitano la mostra fotografica di Robert Capa. Oltre 150 immagini fotografiche a colori e in più lettere e appunti dalle riviste su cui furono pubblicate. Le fotografie esposte abbracciano un periodo di storia che va dal 1941 al 1954, accompagnano il visitatore lungo un percorso che è narrazione e confronto.

Avventori ai tavolini del Café de Flore, Saint Germain de Prés, Paris. ca.1952
Truman Capote e Jennifer Jones sul set del film “Il tesoro dell’Africa”,
Ravello, Italia. Aprile 1953
Cinque soldati britannici in una nave per il trasporto delle truppe in viaggio dall’Inghilterra al Nordafrica, 1943

Le sale del palazzo sono un museo, egregia dimora per le immagini ferme, illuminate e affisse alle pareti. Eppure quelle stesse immagini viaggiano dentro spazi poco ampi che si snodano labirintici l’uno dopo l’altro. Pannelli neri, alti e rettangolari scritti con un carattere bianco, raccontano la vita breve e intensa dell’artista. I suoi viaggi. Narra con l’arte della fotografia la vita delle persone, le tragedie della guerra, la grande ingiusta fatica dei soldati, ma anche la bellezza femminile, la moda, il cinema, il coraggio e le passioni di una umanità raccolta nello stesso enigmatico mondo.

Narrare con le immagini la storia ma soprattutto la verità.

Robert Capa è spesso considerato fotoreporter di guerra. Le fotografie qui esposte sono l’esempio di quanto ricca e intensa sia l’esistenza di un uomo che ha visto da vicino il mondo feroce della guerra con le sue vicende tristi e maleodoranti ma ha anche raccontato la fierezza e il coraggio di corpi scolpiti e segnati dalle estenuanti prove.

Immagini che raccontano il deserto, il mare, il torrido e povero sud e il glaciale e torbido nord. La Russia durante la Guerra Fredda raccontata con parole e immagini nel prezioso “diario di viaggio” insieme a John Steinbeck. L’emblema della ricca produzione fotografica di Capa la troviamo riassunta nella frase da lui stesso formulata e cioè “La verità è l’immagine migliore, la migliore propaganda”.

La Russia durante la Guerra Fredda raccontata con parole e immagini nel prezioso “diario di viaggio” insieme a John Steinbeck.

“La verità è l’immagine migliore, la migliore propaganda”.

La nostra passeggiata dal foliage alla mostra fotografica “Capa in color” ci ha regalato molte sorprese e nuove riflessioni.

Musei, teatri, luoghi di preghiera, biblioteche, sale cinematografiche, le mostre d’arte, di fotografia, scultura, la musica, le opere, la poesia, le commedie teatrali, la produzione cinematografica, i libri, la preghiera comunitaria, sono per tutti noi la forma di cultura più efficace. Proprio in un momento difficile come quello che stiamo vivendo è essenziale sentirsi accolti da spazi vivi dove è possibile ricevere nutrimento per l’anima.

Il nutrimento dell’uomo in ogni sua epoca non è soltanto il cibo da mangiare, masticare, ingoiare e digerire. Questo tipo di alimento lascia presto un senso di vuoto e ne basta pochissimo per tenerci in vita. Educare la mente, il cuore, il cervello alla bellezza è il più efficace nutrimento per il genere umano. La natura sa essere un museo a cielo aperto, abbiamo bisogno di bellezza, di fragranze inebrianti. Di poche parole quando queste sono troppe e confuse e ci negano la speranza. Abbiamo bisogno di sorrisi, di silenzio, di musica e di attenzioni. Lasciare viva l’arte e i luoghi della cultura, la gente che fa cultura, che la diffonde, la sparge a manciate, fa bene alla salute rafforza le difese immunitarie e ci rende persone più belle e sensibili.

Donne presso una rivendita di libri e giornali all’aperto, Gerusalemme, 1949-50

La betulla e il silenzio di via Arrigo Boito

Dopo quasi un anno rivedo la betulla cambiare colore. È un pomeriggio d’autunno carico di luce che rende i contorni delle cose sfavillanti. Ho atteso il tramonto del sole, un aerografo rilascia un pulviscolo di policromie aranciate che slittano verso l’alto, nel cielo azzurro. Cosa avrei potuto scrivere se non descrivere miscelato il sentimento, frammenti di angoscia e gratitudine.
Sono stati mesi di morte e silenzio, rinascita e sgomento. Parole infilate come perle sbeccate, le une sulle altre sullo stesso filo di nylon. Un filo sottile e resistente, trattenuto dal dito pollice e dall’indice di una mano inesperta che attende. Attesa, mentre le stagioni cambiano, si susseguono.
È quasi già inverno. L’estate finita ieri ci ha ubriacati di sole, mare in cassetta e paura. Piscine piastrellate di turchese, scelte al posto della vastità misteriosa del mare. Spiagge impregnate di chiacchiere, mascherate di TNT e sparse ovunque. Dalle caviglie ai polsi, ai bordi delle strade fino ad approdare malefiche e sberluccicanti nelle giornate di pioggia tra l’erba, ai piedi di un bellissimo vero albero gigante. Funghi distopici velenosi, celestiali.
La betulla ricomincia a perdere le foglie e all’imbrunire la sagoma bruna della chioma, incerta, pettina l’azzurro sfumato del cielo. Da qui, le finestre accese delle case vicine mi ricordano le serate silenziose. Le ruote delle automobili accasciate sull’asfalto e la polvere sui cerchioni.
Gli insetti, il cui ronzio nell’aria sorpassava il silenzio di quell’umanità rumorosa ormai ferma in una tagliola e le altre bestie libere varcavano il confine. Sconfinavano.

Forse un anno fa non era ancora autunno. Pioveva sovente una pioggia sottile, costante e l’aria acre pungeva nel naso. Mi affannavo dentro case belle arrampicata sulla scala, certe volte tra i libri. Ne aprivo uno con le pagine ingiallite e spiavo con un occhio soltanto e con gli occhiali calati sul naso. Poi di corsa dietro l’autobus per acchiapparlo sul fianco, al volo verso casa. E tra il rumore del silenzio, in attesa, sentivo un prolifico e magico torpore. Lo stesso che poi ha fatto brillare le antiche gemme sugli alberi.
Con lo sguardo pieno di incanto immaginavo mondi inesplorati. Nel lucido labirinto di un orecchio scuro, tra le lamine pendenti di un orecchino indiano, attraverso i peli irsuti di una barba impolverata e sulle labbra sorridenti imburrate di rosso, è nel mio bus affollato che disegnavo il mondo dei sogni. L’unico capace di strapparmi ai gesti sempre uguali da compiere ogni giorno. Un tappeto da arrotolare, un mobile da spolverare inutilmente pieno e zeppo di cimeli di viaggio falsi, poco importa. L’apnea degli oggetti morti.
Quando la betulla completamente spoglia di foglie, con le braccia dei rami nocciola superbamente sciolti e alleggeriti dal peso ha regalato linfa e nutrimento alle prime impercettibili accennate gemme, queste sono esplose insieme alla pandemia feroce per gli umani: la vita scintillante e meravigliosa della natura insieme agli animali. Non prima di allora ho sentito il coro degli Angeli, le campane rintoccare echeggianti dagli svettanti campanili. Il trionfo dei profumi e della luce.
Sordità, occlusione, soffocamento. Una prigione che lascia intravedere la libertà e per questo spaventa.

Un incidente necessario, direzione di equilibri ostinati e contrari. Le note di quella musica celestiale rotolavano sulle nuvole ovattate di una primavera che nessuno avrebbe mai immaginato. Partorita da un raggio di sole brillava in purezza.

Le prime ore del giorno in via Arrigo Boito
Il crepuscolo sulla betulla di via Arrigo Boito

Pane e miele in attesa che qualcosa cambi

L’odore del pane appena sfornato. Chi abita vicino a una panetteria sa di cosa parliamo. Un odore primordiale che riporta indietro nel tempo a ricordi legati all’infanzia; esperienza ancestrale e oggi spesso ricostruita e riassemblata nel puzzle degli eventi mondani.

Assume un’ importanza di carattere più culturale che gastronomico o alimentare parlare di pane, scrivere di pane e pubblicare di pane fragrante ricco di crosta e appena sfornato.

Jean-François Millet,
Donna che inforna il pane

Dalle braccia forti degli uomini in campagna a quelle delle donne che senza guanti e mascherina ma con un fazzoletto in testa per raccogliere i capelli, appena curve davanti alla tavola impastavano farina, acqua e lievito. Poi si aggiungeva come una benedizione la forza cocente del fuoco e il fumo del profumo che dalla terra saliva fino al cielo.

Un tempo il pane era l’alimento principe per eccellenza. Occupava il primo posto nella scala delle priorità perché sfamava: toglieva la fame. E gli antichi rituali legati al pane sono noti per la suggestione ritagliata in momenti miracolosi che coinvolgevano la comunità e la famiglia.

Si continua a celebrare in mille modi la magia del pane appena sfornato, croccante, fragrante, dorato e anche se in questi giorni ci viene servito con dei volgari guanti di plastica, anche se quel prezioso gesto forte come un dono si rinnova tra incarti di cellophane, guanti e mascherine, non possiamo nascondere una certa commozione e la gioia di abbracciarlo timorosi finché arriviamo in casa. E allora con le braccia allargate cerchiamo un posto dove appoggiare il fagotto con ancora addosso la sensazione di esserci portati dietro uno sciame infestante di diavoli segmentati invisibili e feroci.

Entomo vuol dire animale in segmenti: insetto. Gli insetti sono animali molto importanti per la sopravvivenza del nostro ecosistema. Sentimentali invitati in elegante livrea partecipano alla dispersione del seme, all’impollinazione, alla propagazione delle piante. A questo proposito è impossibile non associare alla forma del virus una certa similitudine incoraggiata dalla nostra fervente immaginazione, con quella di un misterioso segmento di animale. Il virus sembra invisibilmente intrappolato in uno sciame di minuscoli insetti che ci perseguitano e limitano la nostra libertà.

L’entomofobia, l’aracnofobia e l’apifobia sono conosciute come irrazionali e spesso esagerate reazioni emotive nei confronti degli insetti e dei ragni e delle api. Procurano attacchi di panico generati da uno stato d’ansia che si trasforma in un vero malessere per l’essere umano. La causa viene di frequente ricondotta a una vicenda traumatica vissuta durante l’infanzia: una dolorosa puntura d’insetto oppure la velocità silenziosa con cui gli insetti si muovono, il tocco impalpabile delle zampette sulla pelle dell’uomo.

O semplicemente quando il mondo degli insetti è un perfetto sconosciuto. Per chi è nato in città intorno agli anni sessanta è facile ricordare che l’uso degli insetticidi in casa era abituale quanto quello del vetril che fa rilucere i vetri delle finestre e gli specchi d’arredo. Eppure è sorprendente vedere le mosche, per esempio, camminare aggrappate ai vetri delle finestre senza scivolare. Fermarsi a osservarle da vicino è da considerare un’esperienza poetica. Cos’è la poesia se non l’ineffabile realtà delle cose: lo sguardo che segue un volo, l’olfatto che scova un profumo, la mano che incontra una carezzevole superficie…

Troppo facile scacciare una mosca, provare schifo, repellente disgusto senza prima fermarsi per guardare e conoscere. Sarà forse spaventevole ciò che non si conosce fino in fondo? Allora, dopo settimane di vita trascorsa prevalentemente in casa è possibile maledire o benedire l’opportunità che abbiamo di fermarci a guardare lentamente non solo le mosche schifose. Qualunque altra cosa o persona a noi vicina o animale che distrattamente riempiva le nostre giornate frenetiche.

Inutilmente rimpiangiamo le folle, le persone e gli abbracci, le passeggiate nei centri storici della città con la pelle del viso imbellettata di cipria iridescente o le chiome baluginanti con le nuances variegate come gelati multicolor.

Sì, la moda fa parte della nostra storia, della cultura di un paese che scende dal letto con il piede che imbocca la pantofola trend, e quella ventata di leggerezza che non cercherà facilmente nelle trasparenze incantate delle ali della libellula e neanche si commuoverà dell’elegante ricciolo in volo di un’ape, ma resterà pur sempre uno stivale fiero delle sue bellezze seppure patinate e orlate di apparenze.

L’economia è in ginocchio. La moderna agricoltura inonda i terreni coltivati di diserbanti chimici. Il diserbante uccide anche le piante acquatiche e avvelena i canali, i fiumi, fino alle falde e al mare. Quindi anche gli animali segmentati. Dobbiamo forse imparare dalle api l’operosità che produce la bontà e la dolcezza del miele.

Ape sorpresa in volo
sul fiore di un pruno selvatico nei Sassi di Matera.
Foto di Rosanna Marazia

È un segnale inquietante che le api siano a rischio di estinzione. Le api la cui vita è strettamente legata a quella del nostro pianeta e forse per sdrammatizzare seriamente un faccia a faccia potrebbe spiegare un po’ di cose.

Quanto il cielo è alto sulla terra…

Tu sei unico e speciale
Inno all’amore di Dio (Rm 8, 31-39)
Proposte di lectio divina

È da poco in libreria l’ultima pubblicazione del mio amico frate Giuseppe Celli. Per me è una persona unica e speciale, tanto per imitare il titolo che ha scelto di assegnare al suo libretto rosso edito da Gribaudi.
Ho voluto usare il termine libretto, parola solitamente adatta per la composizione di un genere musicale, è in versi e include le parole come : balletto, danza, operetta.

È un gioco di parole efficace come una preghiera.
Tu sei unico e speciale è arrivato in libreria nel mese di febbraio, mentre il famoso Re-virus, a capo della nave pandemia, stava alacremente gettando le reti in mare augurandosi una pesca fruttuosa. Ebbene, il seguito lo conosciamo, almeno fino a oggi.

Ho ordinato il libro e da circa dieci giorni è arrivato a Torino nella mia cartoleria preferita. Ogni giorno mi regalo la lettura di una pagina, due, tre. Il giorno dopo mi capita di rileggere le stesse; mai come in questi giorni, giorni smarriti, senza più aggettivi per definirli, il libretto rosso di frate Giuseppe si sta rivelando un compagno intimo e fidato. Ricco di poesie citazioni bellissime, preghiere, storie. Accompagna il lettore in riflessioni amorevoli, positive; come se i contenuti, le parole, aprissero la loro corolla delicatamente colorata per sprigionare effluvi di profumo.

E stordisce, ammalia con il suo forte e soave profumo, come ad esempio a me è successo con La vera letizia che ‘frà zio Peppo’, con la bravura di chi da anni avvicina chiunque lo desideri a comprendere i brani biblici con proposte di lectio divina, racconta la storia di frate Leone quando domanda a San Francesco: “Ma qual è la vera letizia?”

E c’è ancora tanto altro da scoprire ogni giorno. Come una fonte inesauribile, come passeggiare in un prato di primavera. Fa uno strano effetto oggi parlare di passeggiate all’aria aperta. Sentire l’aria vibrare di vita e rinascita. Eppure il messaggio che troviamo in Tu sei unico e speciale è un inno all’ amore di Dio, è la preghiera nella preghiera. È una musica ricca di accordi perfetti.

Anche se la perfezione non esiste, credo che l’umanità intera abbia bisogno di chi è sempre presente. (Rosanna Marazia)

…tu che sei presente ovunque e tutto riempi,
tesoro di ogni bene e sorgente della vita,
vieni, abita in noi…

(Gv 16,13)

Un viaggio musicale verso la luce

Possiamo dire quasi un anno fa? Il 4 maggio 2019 il cielo di Matera era gonfio di acqua. La sera non è riuscito a trattenere il suo carico e si è rovesciato sulla città incantata. Mentre…

Pablo a Matera lo scorso anno

Pablo Lentini Riva ha suonato per noi in un ambiente raccolto e scavato nel tufo. Le sue parole in musica le troviamo sotto forma di storie, romanzi e racconti pubblicati da Ellin Selae. Quella sera in certi momenti ognuno di noi si perdeva nei disegni ondulati delle note musicali che si libravano nel bacio tra le dita e la sua chitarra. Ci sembrava di camminare lentamente tra i vicoli delle parole, misteriose, piene di incanto e al suono della voce di Mariella, Nadia, Rita, Lia, Lucia e Tonia.

Siamo contenti di presentarvi l’ultimo libro di Pablo Lentini Riva, un romanzo che racchiude un senso profondo e misterioso. Aleggia una luce diversa, nuova. Chi conosce e ha già letto e apprezzato la scrittura di Pablo non potrà farsi mancare il suo ultimo capolavoro. Un romanzo che capovolge i giochi di ombra e di luce. Una musica dalle mille dirompenti e svelate sensazioni. Ce ne parla Daniela Grassi nella bellissima recensione che ha scritto per noi.

“Un romanzo al di sopra del tempo, ma che nasce dal nostro tempo…”

Così dice Daniela Grassi a proposito di Fantasia Elegiaca

Fantasia elegiaca. Viaggio musicale verso la luce di Pablo Lentini Riva è un romanzo al di sopra del tempo, ma che nasce dal nostro tempo, narrando il disorientamento per tutto ciò che di inatteso e talvolta feroce ci sta accadendo.

Una trama sorprendente come quella di un noir, orchestrata – è il caso di dirlo – con estrema sapienza e una scrittura sempre coinvolgente, come un velluto che avvolge, come le pesanti e morbide tende d’un palco che si aprono per mostrarci dimensioni profonde e personaggi altrimenti irraggiungibili.

Giunto al suo terzo romanzo, Pablo Lentini Riva rivela in sé la trasformazione tormentata della civiltà occidentale nei primi vent’anni del nuovo millennio, il confronto di quanto di più alto ha prodotto, la democrazia, la musica e l’arte, lo spirito delle città, con una realtà scioccante che a volte appare come un’offesa cattiva e gratuita, a volte come una via iniziatica.

Costretto drammaticamente a scegliere, come tutti noi, se rinchiudersi fino a soffocarne in un rancoroso senso di frustrazione e di sconfitta o riaprirsi verso una bellezza di cui non conosciamo né l’origine, né il destino, il protagonista sorretto da forze, voci e memorie interiori a cui forse non avrebbe mai dubitato di poter attingere, ci socchiude infine una porta su di un luminoso e coraggioso orizzonte di fiducia e speranza.

E ancora una volta torna in mente la frase di André Malraux secondo cui il XXI secolo o sarà spirituale, o non sarà affatto .    

Daniela Grassi

Per comprare il libro contattare Ellin Selae scrivendo a ellin@libero.it

Giocare insieme con i libri, restando a casa

Ci abbiamo provato e come tutte le cose belle anche questa dovevamo raccontarvela.

Da qualche giorno ognuno di noi ha scoperto nuove attitudini e sperimentato il sottile piacere di vedere il tempo dilatarsi. Mentre il tempo immobile sghignazza e ci prende in giro, finalmente ci sediamo e, proprio come accade soltanto in alcuni e speciali periodi dell’anno, succede che spolveriamo la scatola del gioco da tavolo preferito per incominciare a giocare. 
Noi che amiamo leggere libri, al punto che per diletto proviamo anche a fabbricarne, abbiamo deciso di “plagiare” gli autori delle nostre letture preferite. 

Plagio è un gioco nel quale i giocatori devono completare segretamente su un foglio le frasi tratte da opere letterarie, cercando di “plagiare” l’autore, rendendo credibile la propria versione. All’interno della scatola troviamo una clessidra, un blocchetto di fogli, un secondo blocchetto per segnare i nomi dei giocatori e i punti di ogni manche, e soprattutto un bel mazzetto di carte su cui sono scritte tre frasi, non sempre celebri, estratte da opere di ogni epoca, compresi i classici. Ma anche romanzi moderni e famosi.
Per conoscere le regole di questo bellissimo gioco, basta acquistarlo, leggere il regolamento e giocare.

È il gioco da tavolo che ci diverte più di ogni altro. Realizzato da Antonio Lupica, continua a farci compagnia quando ci incontriamo tra amici. Ma adesso incontrarsi è impossibile ci siamo detti, e, dovendo restare ciascuno nella propria casa, abbiamo sperimentato il gioco a distanza sfruttando così al meglio l’uso della tecnologia. Le cose belle vanno raccontate, per questo mettiamo a disposizione di chiunque voglia, la nostra  divertente sperimentazione.
È il soffio leggero di quello che si chiama suggerimento. 

Ecco cosa occorre per provare a giocare a distanza

  • Un collegamento in videoconferenza fra più abitazioni (dove può trovarsi anche più di un giocatore). Si può fare in tanti modi. L’importante è sceglierne uno! 
  • Un account whatsapp per ciascun giocatore (tutti devono avere in rubrica i numeri degli altri giocatori). 
  • Alcuni libri scelti dallo scaffale della propria libreria.
  • Un foglio con l’elenco dei nomi dei giocatori in ordine alfabetico.

Prima dell’inizio del gioco

  • Ciascun giocatore sceglie due libri (che poi mostrerà ai partecipanti, leggendo il titolo e l’autore), e seleziona due brevi citazioni o frasi, dividendole in due parti. Una prima parte sarà svelata a tutti, la seconda resterà segreta [es: LA RESISTENZA DELLA PIOGGIA AVEVA ALLETTATO L’ERBA, MA ORA IL CALORE DEL SOLE… (il brano è tratto da La corriera stravagante di John Steinbeck)].
  • Ogni giocatore proverà a completare la frase inventandone il seguito che verrà letto in ordine casuale, insieme alla frase (seguito originale), dal conduttore del giro. 
  • Il divertimento incomincia proprio qui: chi conosce l’autore proverà ad avvicinarsi il più possibile alla frase esatta, oppure il romantico, la malinconica, il giallista incallito, l’appassionato di noir, s’inventeranno strepitosi ganci e gocce di letteratura da risultare quasi credibili. Con un esito finale dai toni esilaranti [il seguito della frase segreta dell’esempio è questo: RINVIGORIVA IL VERDE FOLTO].

Quando tutti i giocatori saranno collegati

  • Viene sorteggiato chi in quel turno svolgerà il ruolo di conduttore e avrà il compito di leggere ad alta voce a tutti la prima parte della citazione, il nome dell’autore e dell’opera, magari anche facendo vedere il libro da cui è stata tratta, lasciando invece segreta la seconda parte della citazione.
  • Dopo aver ascoltato le parole del conduttore, tutti gli altri giocatori dovranno inventare, nel tempo di un minuto (scandito da una clessidra o da un timer), un seguito alla citazione declamata che risulti in qualche modo credibile, tentando quindi di plagiare l’autore reale del testo.
  • La frase completa viene ricopiata su whatsapp e inviata al conduttore.
  • Quando il conduttore avrà ricevuto tutti i messaggi, leggerà una dopo l’altra e con un ordine casuale, sia le varie frasi dei giocatori, che la citazione completa e originale tratta dal libro. 
  • La lettura va fatta rivolgendosi alla propria telecamera, provando a mantenere la stessa enfasi.
  • Per consentire la votazione, a ciascuna frase viene assegnato un numero (o una parola chiave). 
  • Dopo aver ascoltato le varie opzioni, a cominciare dal giocatore in ordine alfabetico successivo al conduttore, ciascuno pubblicamente vota per l’ipotesi più accreditata. 
  • Guadagna 1 punto chi indovina la citazione originale. Guadagna 1 punto (o più punti) l’autore di una frase votata da un altro (o più) giocatore/i.
  • Prima di passare al turno successivo, è suggerita la lettura della pagina che include la frase proposta, per condividere insieme un momento di ascolto e lettura.