“Il faut être léger comme l’oiseau et non comme la plume”
Paul Valéry
Quanti poeti e scrittori hanno provato a parlare e a scrivere di leggerezza. La prima fonte di ispirazione la troviamo nel mondo animale. La natura e il filo d’erba sollevato dal vento, oppure l’incedere lento delle nuvole nel cielo. Lo sguardo pieno di incanto di un bambino è leggerezza o la musica. Il tintinnio di metalli sottili, vuoti, o quello di una sfoglia di cristallo quando i calici tremolano in vetrina per una scossa imprevista.
Ma il più intrigante resta il volo degli uccelli. Un linguaggio semplice e misterioso che da sempre gli uomini inseguono alzando gli occhi al cielo.
È voglia di leggerezza o desiderio di controllo sulle cose, sulle emozioni, sui percorsi invisibili che puntano l’orizzonte lontano?
Forse nella risposta è racchiusa l’essenza che caratterizza un essere umano da un altro. Nelle relazioni, nei rapporti d’amore o di amicizia non di rado capita di riconoscere nella persona che fintamente si dimostra amica o innamorata una tendenza a sorvolare, volare sopra gli altri corpi, le cose, le case, il mondo sottostante per fare ombra nel cielo.
Così facendo si viene privati del piacere intimo di librarsi nel cielo proprio come fanno gli uccelli quando dondolano sul filo delle correnti d’aria. Si perde la grande e preziosa occasione di vivere e respirare la leggerezza coltivando rapporti autentici che si nutrono di libertà, di condivisione amorevole, fiducia e bellezza.
Chi prova a volare per occupare il cielo è un pollo starnazzante. Non farà come gli uccelli, sarà una piuma con il trucco rifatto che dopo una sciocca simulazione di volo si scioglierà disfatta sulla prima pianta di spine.