Ieri sono tornata in carcere.
Mancavo dal 5 luglio scorso, giornata di saluti, di auguri per una festa di compleanno, baci, abbracci, colori, disegni e pensieri.
Ieri sono tornata in quel luogo dove riecheggiano voce e ferraglia, memoria e presente. Sono tornata per raccontare e anche per ascoltare. Sono tornata per imparare e per condividere.
Sulla terra o ai piedi di un ghiacciaio viva sorgente. Sono tornata per essere goccia tra le gocce, mai sola. Per scavare la roccia e scivolare, diventare rigagnolo e ruscello, in pendenza gonfio di pioggia saltellante e un attimo dopo gorgheggiante torrente.
Superare sassi, lucidare l’aria di schizzi argentati sotto il chiaro di luna.

E sono tornata per tuffarmi nel fiume, corso d’acqua perenne che scorre impetuoso, a tratti lento in superficie a volte frugando e scavando meandri e grotte sotterranee con un unico desiderio, con lo stesso sogno: trovare il mare.
Il disegno della foto è di Fabrizio Fabbri (particolare della sedia)